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mercoledì 14 settembre 2011

SCATTO FISSO

Un movimento che é quasi una preghiera: fluido e continuo, innesca una respirazione tipica della meditazione. Una sorta di mantra che scaturisce naturale, e senza l'emissione di alcun suono. Galleggi sul terreno in uno stato mentale che é contemporaneamente di distacco dalla realtà e assoluto contatto con la realtà. La distrazione semplicemente non é ammessa, senza alcun regio decreto ad importelo ma la ossea realtà dei fatti: non devi far male e non devi farti male, devi fare ciò che devi -spostarti per andare da A a B- e ne sei consapevole ad ogni frazione di secondo. La pena é immediata: evitabile se fai ciò che devi ma inesorabile se non aderisci corpo e anima a questa semplice verità. Viaggi leggero, su un mezzo che pesa meno di dieci chili, ad un prezzo in termini di energia spesa assolutamente ridicolo rispetto agli analoghi risultati ottenibili con altri mezzi. Non finisci di meravigliarti di quanto cambi il tuo ambiente circostante, quello che pensavi di conoscere a memoria. Adesso no, non é più lo stesso, asperità e pendenze -soprattutto le discese: mentre prima fischiettavi con i pedali fermi ora trattieni con muscoli prima ignoti l'avanzamento dell'insieme uomobici-hanno un altro aspetto e soprattutto diventano familiari, concretissime, ognuna con la sua caratteristica, come fossero umane. Il tuo mezzo é assurdamente crudo. Un filo di ferro sapientemente angolato, a vederlo da lontano; dall'alto quasi invisibile, di lato il disegno di un bambino molto concentrato sulle linee dritte e sulla miracolosa curvatura delle ruote.

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